Francese –
Antonia Prandi
Parfois il me
suffit un raccourci qui s'ouvre au beau milieu
d'un paysage inadéquat, un affleurer des
lumières dans le brouillard, le dialogue de deux
passants qui se rencontrent dans le va-et-vient,
pour penser que en partant de là j'assemblerai
piece à piece la ville parfaite, faite de
morceaux melangés au reste, d'istants séparés
par intervalles, de signaux qu'on émet et on ne
sait pas qui les ramasse.
Un altro tassello
del mio rapporto col francese. Fino a quando
iniziai a studiarla, a ventinove anni, io non
capivo nulla della lingua francese, o meglio mi
rifiutavo di capirne qualcosa perché era una
lingua che subivo: da bambina e da ragazza ero
spesso costretta per il lavoro dei miei genitori
ad andare in Francia e a muovermi al loro
seguito in silenzio, senza riuscire a
comprendere nulla di quel che era detto o
scritto. Uscii per la prima volta dal mio stato
di impotenza a sedici anni, ascoltando le
lezioni di una logopedista francese ad un
bambino di quattro anni che veniva dal Togo. Non
vi sto a piegare perché e percome questo bimbo
sordo sia arrivato per qualche tempo a casa dei
miei genitori, e abbia cominciato a udire per la
prima volta in Italia grazie a un apparecchio
acustico. Ricordo solo la dolcezza di questa
logopedista che seduta per terra con lui in
braccio gli faceva posare la manina sul suo
collo mentre pronunciava, scandendole lentamente
e perfettamente, le parole "faire dodo". Da
allora ho capito che la lingua francese poteva
essere una lingua d'affetti.
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Russo – Davide
Ruggi
Время от времени
мне достаточно одного ракурса, открывающегося из
беспорядочного пейзажа, мерцающих огни в тумане,
разговора двух прохожих в толпе, чтобы
представить себе, что с этого я начну строить,
кусок за куском, идеальный город, состоящий из
отдельных обломков, смешанных со всем остальном,
из мгновений, разделённых перерывами, из
сигналов, кем-то посылаемых в пространство
неведомым адресатам.
L'incongruo è
diventato, più pianamente, disordinato e
l'intervallo è stato inteso come sospensione di
un'attività. Non ne sono troppo soddisfatto; ma
il mio tempo libero è, ahimè, limitato.
Cominciai a
studiare il russo ancora all'università, nello
scarso tempo libero che mi lasciavano lezioni,
esami, biblioteca e laboratorio; da studente di
fisica mi ero accorto che questa lingua avrebbe
potuto essermi utile, più tardi mi affascinò la
letteratura russa... la vita ha apportato i suoi
correttivi ed ora, vivendo da quasi 27 anni a
Mosca, il russo è diventato la mia seconda
lingua, anzi nel quotidiano è la lingua di
comunicazione corrente. Talvolta mi diletto
anche a tradurre in italiano alcuni racconti dei
miei autori russi preferiti (I.G.Erenburg,
K.G.Paustovskij, ecc.). Calvino appartiene da
sempre alla "mia famiglia spirituale", per dirla
con José Saramago, e ho accolto quindi con
entusiasmo la sfida di rendere in russo una sua
pagina.
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Ungherese –
Elena Magro
Nèha elèg nekem
egy pillantàst vetni egy szèp tàj kozepère,
elotuno fènyek a kodben, kèt jàròkelo pàrbeszède
akik talàlkoznak jàràs menès kozben, gondolvàn,
hogy onnan kiindulva ossze fogom tenni a
tokèletes vàrost, mely maradèkokbòl lett keverve
a tobbivel, pillanatok elvàlasztva szunetekkel,
jelekkel melyeket egyvalaki elkuld ès nem tudja
ki fogadja
L’Ungherese è la mia madre lingua e mia mamma
me lo parla da quando sono nata.
Il mio rapporto con l'ungherese è strano, nel
senso che con mia madre non l'ho mai parlato,
lei sì ma io rispondevo in italiano. Nel tempo
ho scoperto che altri madre lingua si comportano
così!
Nonostante ciò la lingua mi è sempre piaciuta
per la sua unicità e nelle rare occasioni in cui
riuscivo a parlarla ne sono sempre stata
contenta. Tanto da prendere una specializzazione
all'università dove mi sono laureata in lingue
straniere. Ora la pigrizia c'è ancora anche nei
confronti di mia figlia, ma mi sono raccomandata
con mia madre di parlarle solo in ungherese e
infatti lo sta imparando dalla nonna, per
adesso...